Periodo dei defunti. Ragazzi in gruppo bussano alle porte per richiedere doni. Vi ricorda qualcosa? Chi sta pensando ad Halloween è decisamente fuori strada. Si tratta di una tradizione irpina, più antica e profonda del consumistico rituale consumato alla vigilia di Ognissanti al grido di “dolcetto o scherzetto”.
La tradizione nostrana riguarda l’Alta Irpinia di qualche tempo fa, dove si narra che la sera del 2 novembre, tutti gli anni, i poveri del paese, riuniti in gruppi, fossero soliti bussare alla porta del vicinato richiedendo ai proprietari una porzione di legumi. Crudi o cotti non aveva importanza. Importante era ottenerne una razione sufficiente a sfamarsi. Ad ogni apertura di porta, la richiesta era formulata sempre allo stesso modo: “Ciccj cuott’ pe l’an’m re li muort, ciccj crur pe’ l’an’m r’ criatùr’. Una sorta di preghiera-esortazione ad aiutare in nome dei defunti i compaesani più poveri, attraverso l’offerta di legumi, piatto povero ma corroborante. Non a caso ceci, cicerchie e fagioli abbondano e sono di ottima qualità in molte zone d’Irpinia, specie in Alta Irpinia e nella Baronia.
Insomma, per quanto parliamo di tempistiche e modalità diverse, la tradizione di bussare alle porte nel periodo dei morti per richiedere doni è una pratica che in Irpinia affonda le radici nella notte dei tempi. Così come un po’ in tutto il Sud Italia, dove il forte legame con i parenti scomparsi dà vita a rituali tra sacro e profano che meriterebbero una corposa pubblicazione.
Anche se questa usanza non viene più praticata, in ricordo di questa antica tradizione nell’Alta Valle del Sele e come detto nell’Alta Irpinia ancora oggi si è soliti mangiare una pietanza a base di ceci. Dalla classica laine e ceci o laine e fagioli (di cui vi ho accennato già qui), fino a zuppe o addirittura in rari casi ai ceci piastrati, fatti nel camino con lo stesso procedimento che si usa con le caldarroste!
Ma non è l’unica tradizione tra sacro e profano che riguarda l’Irpinia e che ha come protagonisti i legumi nel periodo di inizio Novembre. A Greci, grazioso paesino nella Valle del Cervaro, tra i piatti della tradizione si possono annoverare i Çiç kuet (nome albanese dato che Greci ha tradizione arbëreshë, ma che ha una certa assonanza con i ciccj cuott di cui vi ho appena raccontato). Si tratta di un piatto a base di grano cotto, granone e zucchero, la versione locale di molti altri piatti diffusi tra l’Irpinia e la confinante Puglia formati dalla commistione tra cereali locali e elementi dolci (zucchero, ma anche melograno o vincotto). Un significato anche qui profondo in cui il grano cotto, somigliando al chicco che germoglia, simboleggia la rinascita, in una commistione tra sacralità e ritualità popolare che è la vera forza propulsiva di tutte le tradizioni più affascinanti e longeve.