Non sono molti i dolci tipici d’Irpinia. Intendo quelli esclusivi, che caratterizzano solo la provincia di Avelino. Ecco perché quando ho saputo che a Carife esiste un dolce chiamato “zuppetta”, con una storia interessante alle spalle, non ho perso tempo e mi sono precipitato per saperne di più.
Sono tornato dopo molto tempo nel paesino della Baronia. Doveroso il saluto a Gaetano Branca, guru dell’esperienzialità artigiana, maestro infaticabile, vulcano di idee e iniziative. Fugace l’incontro con il contadino filosofo con la ravece nel DNA Michele Minieri (beccato al volo mentre partiva per Milano per “La terra trema” – link qui). E finalmente eccomi a piazza San Giovanni, centro strategico di Carife da dove parte un dedalo di stradine su e giù per il centro storico. Cerco la Pasticceria Forgione. La trovo a due passi dalla piazza, su uno scalone che congiunge due vicoli del centro.
Una volta entrato vengo stordito da un fragoroso profumo che proviene dal retrostante laboratorio. Ho quasi la vista annebbiata. Un’esperienza sensoriale che viene dal cervello, dalla memoria della mia infanzia. Come una sinestesia proustiana, quel profumo mi ricorda le scorribande pomeridiane per il centro storico di Avellino, tra il laboratorio di Don Carlino (Landolfo) e le carrellate di dolci della pasticceria Pacilio. Chi è di Avellino e ha più di quarant’anni sa di cosa parlo!
Sempre più raro entrare in pasticceria ed essere rapito da profumi di pan di spagna, cannella, biscotti appena sfornati, qualche liquore che non so bene identificare. Intanto mi guardo intorno. Il locale è piccolo: il bancone ne occupa quasi la metà ed è zeppo dei dolci più disparati, dalle classiche paste della domenica alle torte ordinate e in attesa di essere consegnate. Nella parte superiore del bancone i primi panettoni, avvolti in una carta stagnola lucida blu intenso. Sui lati vetrine con vini e distillati (questi ultimi con bottiglie dalle forme più rare e strane, di quelle che si facevano in passato). Adiacenti alla vetrina, ad ingolosire i passanti che non possono non notarle, le prime guantiere prêt-à-porter di mostaccioli e roccocò a ricordare che Natale è ormai alle porte.
Appena arriva il mio turno, chiedo ad una gentile signora alla cassa una zuppetta, che mi viene servita subito. Annuncio che voglio mangiarla al momento, per cui la signora mi ricava pure uno spazio dove poggiare la guantiera per consumarla nell’immediato. Un parallelepipedo di bontà, con un’evidente naspratura in superficie con tanto di ciliegina candita sulla cima, a ricoprire uno strato di pan di spagna bagnato alla Strega®. Pochi ingredienti, una bomba di sapore. Ma un sapore delicato, col dolce che si evince solo dalla copertura di zucchero. Senza crema, senza fronzoli. Ma con la dovuta precisione, anche estetica, che ci vuole in pasticceria. Un dolce ben equilibrato, di cui voglio sapere tutti i segreti, ma soprattutto la storia.
Comincio con le domande, preso dall’entusiasmo e non cosciente della fila che intanto si è creata dietro di me. A un certo punto sento di essere diventato una figura ingombrante; me lo conferma il fatto che, un po’ per non far spazientire i clienti in attesa, un po’ perché le mie domande avevano bisogno di risposte circostanziate, si è reso necessario il sopraggiungere del titolare.
Esce attraversando una porta scorrevole in stile saloon, e già mi preparo a scusarmi qualora mi avesse mossa l’accusa di Interruzione di pubblico delizio. Mi si presenta un omino canuto, col camice bianco a maniche corte, occhialini tondi e un viso interlocutorio, che esordisce con una domanda immediata: “Che volete sapere?”. Alla mia richiesta di informazioni sulla zuppetta, il suo viso si illumina. Paolino Forgione, da 60 anni pasticcere a Carife, è come se aspettasse da tempo di poter svelare i suoi segreti, di riaccarezzare i suoi ricordi. Attacca a spiegarmi “Era il dolce degli sposalizi, a Vallata e nelle zone limitrofe. Ad ogni cerimonia nuziale era solo questo il dolce contemplato. Ecco il perché della naspratura e il colore”. Quando gli chiedo del nome, e del fatto che io conoscevo un’altra zuppetta, lui, mantenendo quella cortesia ma anche quella fermezza che si conduce ai maestri di bottega, me la indica nel bancone e mi precisa che quella che tutti chiamano zuppetta è in realtà una “diplomatica”. “La zuppetta è quella che hai assaggiato” – continua la sua lectio magistralis sulle tipicità locali in ambito dolciario. Poi chiede permesso e dopo un attimo con ciò che stava preparando prima di essere indegnamente interrotto da me.
Ritorna con i quaresimali, un altro dolce tipico dell’Irpinia (che avevo già conosciuto ed approfondito a Calitri). Una bella guantiera di biscotti alle mandorle rigorosamente ben affastellati. Mi invita all’assaggio, e con me invita i numerosi avventori che intanto si erano incantati ad ascoltare Paolino nella sua passionale dissertazione. Inutile dire che anche qui ho riscontrato l’eccellenza nella semplicità, tanto che mi lancio in una battuta “Quest’uomo ha un futuro”. Lui risponde per le rime e si scioglie ulteriormente, al punto che finiamo a parlare delle bottiglie di vino nelle vetrinette lungo il perimetro del locale (bottiglie rigorosamente vuote, per via della sua enorme passione per vini e distillati), poi mi spiega che quando non era ancora di tendenza, il panettone lui lo preparava già, e col tempo, per venire incontro alle esigenze del mercato, ha allargato le versioni (quello attualmente disponibile è con cioccolato e pere).
D’altronde è questa la dimensione della Pasticceria Forgione. È unica (e non parlo della mancanza di concorrenza a Carife) perché continua a mantenere un profilo basso, ma di pura eccellenza. Tanto che nonostante il sito web non ci sia più e la fanpage di Facebook® si affanni a promuovere solo torte con pasta di zucchero e decorazioni alla moda, le prenotazioni e i clienti per la piccola pasticceria e le torte classiche non mancano, anzi. Nella mezz’ora trascorsa a chiacchierare, i clienti si sono susseguiti con continuità, provenienti da tutti i paesi del circondario. Ed è un mercoledì qualsiasi, a Carife. Il motivo è l’altissima qualità degli standard proposti e la gentilezza e cortesia che davvero non sono mai mancati e che credo non manchino mai.
Saluto il signor Forgione con una stretta di mano che è un ringraziamento. Lui mi dice di non preoccuparmi per quanto assaggiato e mi invita a tornare a trovarlo. Un modo di fare signorile e affabile che completa la bellissima esperienza. Esco e torno su piazza San Giovanni. Il panorama è meraviglioso. La Croce di Carife si vede nitidamente e sullo sfondo il bosco di castagneti con la curva dei piemontesi, che qui chiamano torniquet, ad affascinare come sempre. Sono testimonianza dell’Irpinia reale, quella dell’artigianato, dell’ospitalità e della bellezza a tutto tondo. Quella che Paolino Forgione incarna alla perfezione.