Il torrone irpino, principe di tutte le feste

Carmine Cicinelli

Carmine Cicinelli

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Storia di un prodotto d’eccellenza presente a Natale e in tutti gli eventi di piazza. Segreti, zone vocate e (finalmente) un tentativo di ottenere una certificazione di qualità.

Albume, miele e zucchero. E poi nocciole o mandorle per completare l’opera. Da pochi ingredienti e attraverso una lavorazione artigianale immutata nei secoli nasce il dolce più caratteristico delle feste in Irpinia: il torrone avellinese. Non è un caso che io abbia deciso di raccontarvi di questo dolce al termine del periodo natalizio (per un elenco dei dolci natalizi d’Irpinia clicca qui).

A differenza di quello che accade altrove infatti, il torrone in provincia di Avellino rappresenta tutte le festività. Non c’è evento enogastronomico o festa patronale che non veda la partecipazione delle bancarelle dei copetari (venditori di torrone). Tuttavia anche nelle botteghe e nelle gastronomie locali il torrone d’Irpinia è disponibile tutto l’anno per il consumo quotidiano, ma soprattutto come cadeau perfetto per raccontare la vera anima dell’Irpinia.

Qui si chiama cupeto (o copeto), un termine in onore del dio dell’amore Cupido, coniato da qualche poeta di stanza in Irpinia durante l’attraversamento della via Appia in tempi antichissimi. Il torrone locale è infatti prodotto da secoli, sfruttando le ottime materie prime del territorio, in particolare il miele e la frutta secca che in molte zone della provincia abbondano da sempre.

In particolare sono tre le zone vocate.

Nella zona del Partenio, Ospedaletto d’Alpinolo è sinonimo di nocciole di primissima qualità. Qui il torrone si lega storicamente alla juta a Montevergine, coi viandanti che durante il percorso trovavano ristoro nelle numerose botteghe lungo il percorso mariano. Una passione per il torrone tramandata fino ai giorni nostri: è recente infatti il riconoscimento nella “Top Torrone e Confetti 2022” dell’Torrone dell’Irpinia.

I laboratori di Grottaminarda, nella valle dell’Ufita, pur rimanendo fedeli alla ricetta classica, si caratterizzano per una maggiore percentuale di miele, che conferisce al torrone di Grottaminarda un colore tendente all’avorio. Molto tipico è anche lo Spantorrone PAT: Si tratta di un prodotto che i mastri torronai locali realizzano aggiungendo alla ricetta classica anche del Pan di Spagna bagnato allo Strega® e una golosa copertura di cioccolato. Dalla fine di ottobre di quest’anno, il Comune ha istituito la De.Co. (Denominazione Comunale) con l’intento di sottolineare il forte radicamento di questo prodotto sul territorio.

Torroncini classici e bocconi di “spantorrone” di Grottaminarda

Al confine con il beneventano, a Dentecane (frazione di Pietradefusi) il copeto è realtà dall’inizio del ‘700. In principio rappresentava un atto di gentilezza della popolazione locale nei confronti dei viandanti, lungo una strada dalla grande importanza commerciale, che vedeva il passaggio di molti commercianti ogni giorno dalla Puglia verso il napoletano. Qui si fermavano quasi obbligatoriamente (la frazione è in forte pendenza) per rifocillarsi e cambiare i cavalli. A lungo andare da dono per i viandanti il torrone divenne prodotto tipico locale che veniva acquistato per la sua grande bontà. Nacquero così numerose botteghe che producevano torrone, sfruttando l’abbondanza delle materie prime e la disponibilità della mandorla, portata in zona dai commercianti provenienti dalla Puglia. Oggi, Dentecane è conosciuta altresì per il Pantorrone fatto con Pan di Spagna allo Strega® o Limoncello.

scaffali torrone

Tre modi di produrre similari, che col tempo hanno saputo però specializzarsi, trovando un modo peculiare di interpretare il torrone. Bene ha fatto in questo senso la Regione Campania a considerare nell’elenco di PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) le tre differenti tipologie di torrone.

La produzione

Ma come si produce il torrone in Irpinia? Realizzare questo prodotto prevede un procedimento decisamente lungo e necessita di tanta esperienza. Le fasi di lavorazione sono due. La prima consiste nell’amalgamare gli ingredienti di base (albume, zucchero e miele) in una torroniera in rame. Una cottura a bagnomaria che dura circa 12 ore durante la quale è importante monitorare con costanza il composto, finché non arriva alla consistenza perfetta. La seconda fase vede l’aggiunta della frutta secca, un passaggio fondamentale perché qualità e quantità di nocciole e mandorle aggiunte fanno spesso la differenza. Infine il composto viene versato all’interno di apposite cellette, facendolo aderire alle caratteristiche ostie poste sui due lati. Si ottengono così dei lastroni che vanno tagliati al massimo entro mezz’ora (altrimenti il torrone diventa troppo duro e dunque non più lavorabile). Il risultato sono le celeberrime tavolette che tutti conosciamo, di un torrone bianco, compatto e friabile. L’alta qualità si capisce dal fatto che ad ogni morso il torrone non si spacca in pezzi, ma si scaglia.

torrone

Il futuro del torrone d’Irpinia

Storia e vocazione territoriale evidenziano come il torrone rappresenti un prodotto irpino antichissimo, particolarmente legato al territorio. E non solo in termini di approvvigionamento delle materie prime, ma per la peculiarità dei laboratori artigianali ad esso dedicati e l’attività dei copetari, testimonianza concreta della cifra distintiva di un popolo.

Questo forte legame col territorio merita una riflessione, perché purtroppo la promozione e le scelte di marketing che accompagnano il torrone irpino non solo all’altezza della sua tradizione.

Del torrone occorrerebbe in primis rivendicarne le origini, opponendo motivazioni circostanziate e documentate alle leggende che lo vedono originario di Cremona. Bisognerebbe valorizzarne la natura biologica (non c’è chimica nel torrone, né ingredienti strani). Ed a proposito di ingredienti, questi sono pochissimi. E quando il numero è così ristretto, per raggiungere l’eccellenza occorre ricorrere ad una qualità eccelsa. Infine la tecnica di lavorazione, che in Irpinia non cambia dalle sue origini: nella parte finale del processo produttivo il torrone viene lavorato rigorosamente a mano, senza alcun procedimento meccanico. È qui che la bravura degli artigiani locali fa la differenza.

Insomma al torrone irpino non mancherebbe niente per rappresentare un testimonial della nostra provincia, in quanto ha storia, tecniche di lavorazioni specifiche, forte legame col territorio ed un valore socioculturale importante. Invece così, considerato uno dei tanti, rischia di rimanere senza appeal.

dop

Da accogliere dunque positivamente la scelta fatta di recente dal comune di Pietradefusi di avviare la pratica per il riconoscimento della certificazione DOP per il torrone di Dentecane. Ottenere la denominazione di origine protetta rappresenterebbe il giusto riconoscimento per conferire finalmente a questo prodotto un’anima definita ed una precisa identità che ad oggi vive solo del passaparola dei suoi tanti estimatori. Ma ottenere la DOP significherebbe soprattutto l’esaltazione di una componente fondamentale quale è il territorio, lì dove tutto è partito nel ‘700 e dove tutto prende quotidianamente forma da circa tre secoli. DOP significa in pratica irriproducibile in altri luoghi se non in Irpinia, un distintivo di unicità che il torrone irpino merita.