“Il ragù avellinese più che una ricetta è un concept”
Come ogni festività che si rispetti anche il Carnevale ha le sue tradizioni culinarie. In alcune realtà il periodo dedicato ai festeggiamenti comincia dopo il 17 Gennaio, giorno che celebra Sant’Antuono (clicca qui per approfondire la tradizione legata al santo). In altri paesi, come Montemarano (ma anche Castelvetere sul Calore, Castelfranci e Montella), la sua chiusura si rimanda alla domenica successiva, quando si festeggia il cosiddetto Carnevale Morto.
La maggior parte delle comunità irpine tuttavia concentrano i festeggiamenti nella settimana precedente il cosiddetto Martedì Grasso. Questo periodo si apre con una data simbolo, il Giovedì murzillo, corrispondente al Giovedì Grasso. In Irpinia questo è per eccellenza il giorno del ragù avellinese.
A prescindere da quanto duri il Carnevale, in tutte le terre d’Irpinia il Giovedì Murzillo dà ufficialmente inizio alla settimana clou del Carnevale. E contemporaneamente dà il via ad una settimana di bagordi, fatta di dolci fritti (come le chiacchiere) e tanta carne. La domenica di carnevale, o il martedì grasso, sono i giorni dedicati per esempio alla lasagna. Insomma un percorso ricco e godereccio prima di un periodo di astinenza coincidente, sempre secondo tradizione, con la Quaresima.
Il pranzo dei Giovedì grasso in Irpinia è una tradizione seria, sentita, al punto che questa occasione si associa ad un detto popolare che recita “Giovedì Murzillo, ‘a mamma s’impegna li figl’” (o una versione un po’ più sconcia che non sto qui a dirvi…). Questo antico proverbio lascia intendere come persino una mamma possa arrivare a dare in pegno i propri figli pur di fare la spesa e preparare le leccornie di questo ultimo giovedì prima delle ceneri.
Secondo la tradizione, inoltre, molte famiglie in questa occasione impiegavano tutte le migliori provviste in dispensa (come per esempio le salsicce sotto sugna) visto che si stava per entrare in un lungo periodo di penitenza alimentare.
Il sugo o ragù avellinese si compone di un numero indefinito di pezzi di carne (dipende dalla pazienza della cuoca e dalla fame dei convitati, oltre che dalla capienza della pentola), principalmente tagli di maiale. Fondamentali le tracchiolelle (o tracchie o tarachelle), costine di maiale che ingrassano il sugo rendendolo più succulento. A seguire, la componente aromatica è data dal cotechino, o meglio ancora dal pezzente, a cui possono essere aggiunte, o messe in sostituzione, le classiche salsicce. Indispensabile poi la vraciola. Si tratta di una fettina di manzo (locena o lombata) che va condita internamente con aglio, mentuccia e parmigiano grattugiato e poi arrotolata e tenuta chiusa con spiedini o spago da cucina. La braciola ha la funzione di creare un diversivo per chi non preferisce il maiale e per coloro che gradiscono un pezzo di carne più magra. Opzionali invece altre componenti, come le polpette (ideali quando a mangiare ci sono anche dei bambini), ma anche la cotica. Quest’ultima è un involtino simile alla braciola nel condimento e nel procedimento, ma viene realizzata utilizzando la cotenna di maiale.
Ingredienti non fissi dunque, ma a gusto dei commensali, per quanto come detto alcuni pezzi siano indispensabili. Insomma, il ragù avellinese più che una ricetta è un concept. Alla fantasia e al gusto dei commensali la composizione ideale. L’importante è che cuocia a lungo, dalle 2 ore e mezza fino a 5/6 ore e anche di più.
Il procedimento è semplice. Basta soffriggere abbondante cipolla nell’olio in una pentola piuttosto capiente e una volta imbiondita inserire i tagli di carne disponendoli sul fondo della pentola. Quando dopo qualche minuto risultano rosolati si aggiunge la salsa di pomodoro ed il sale, insieme ad un po’ d’acqua. Arrivato il sugo a bollore, la pentola va spostata sul fornello più piccolo, messo il coperchio e cotto il tutto a fiamma bassissima.
Altra regola non scritta è preparare una pasta a mano, da condire col ragù all’avellinese. Consigliati i fusilli avellinesi, ma anche gli gnocchi avellinesi o i ravioli calzano a pennello e sono il completamento ideale di un must culinario della tradizione irpina. Specie a Carnevale, in quel giorno benedetto da tutti i buongustai che corrisponde al nome di “Giovedì murzillo”.