“La figura del viandante che attraversa il territorio di Ospedaletto ha meritato una statua in quanto presenza costante ed elemento imprescindibile nella storia del paese”
Ospedaletto d’Alpinolo ha una storia secolare, ricca di eventi, intrisa di un fascino magnetico. Ecco perché sono numerosi i luoghi ed i monumenti in grado di rappresentare questo grazioso borgo alle falde del Partenio. La fontana del Tritone, nella piazza centrale del paese, il piazzale dedicato alla permanente Fiera del Torrone (di cui vi ho parlato qui) e i monumenti che rammentano il rapporto simbiotico tra Ospedaletto e il Santuario di Montevergine, come la Cappella dello scalzatoio o quella della Misura (detta anche Sedia della Madonna).
Ma siccome quando si parla di simboli ci si riferisce a quell’elemento che rappresenta la comunità nel suo processo di evoluzione, il simbolo di Ospedaletto d’Alpinolo non può essere che il Monumento al Pellegrino.
Si tratta di un gruppo scultoreo realizzato in prestigiosa breccia irpina, eseguito in epoca recente dallo scultore di Fontanarosa Raimondo Pasquariello, su disegno dell’Abate virginiano Fernando Luca Vignatelli.
Sono rappresentati pellegrini intenti a raggiungere il Santuario dedicato a Mamma Schiavona. La prima figura da sinistra rappresenta un uomo di mezza età, vinto dalla stanchezza, con una borraccia nella mano destra e una stampella sotto l’ascella opposta, che si riposa all’ombra di un albero. Accanto a lui una ragazza con lo sguardo rivolto verso l’alto, che reca in mano dei fiori per la Madonna. Al centro una donna con una cesta sul capo, mentre a seguire un uomo forte, in maniche di camicia, affaticato dall’enorme croce che porta con sé. Infine un ragazzino, coi calzoni corti e la mappatella in spalla. Un gruppo disomogeneo, di età e condizioni differenti, a testimonianza dell’universalità della devozione verso la Madonna.
Tuttavia, al di là del valore artistico, del Monumento al Pellegrino colpisce soprattutto il valore evocativo. La figura del viandante che attraversa il territorio di Ospedaletto ha meritato una statua in quanto presenza costante ed elemento imprescindibile nella storia evolutiva del paese.
E questo fin dalle origini. Fin da quando cioè un feudatario summontese donò ai monaci di Montevergine un appezzamento di terreno (che diventerà la futura Ospedaletto), denominato “Casale delle fontanelle“. Quest’ultimo era però talmente esiguo da non consentire ai suoi abitanti di svolgere tutte le attività necessarie alla sussistenza, ossia pastorizia e agricoltura. Da questa necessità di sopravvivere nasce la vocazione dei locali per il commercio.
Un commercio dedicato ai devoti che attraversavano il territorio del “Casale”. Col tempo l’aumento dei fedeli rese indispensabile mettere in atto una costante assistenza e supporto ai pellegrini, attraverso la fornitura di cibo e la creazione di numerose cappelle lungo la strada per il Santuario dove potersi riparare.
La naturale evoluzione di questo primordiale, incredibile servizio d’accoglienza per l’utenza fu la creazione di un’infermeria, sorta a valle dell’attuale centro urbano (in corrispondenza della chiesa di Santa Maria del Preposito, oggi sostituita da un edificio più moderno). Da questo hospitium (luogo di cura e di riparo per i fedeli) deriverà il nome moderno del paese.
La predisposizione all’ospitalità, ancora oggi parte integrante del DNA degli ospedalettesi, è ulteriormente testimoniata dalla presenza di un presidio permanente presso un secolare albero sulla strada per Montevergine, definito non a caso “il tiglio dei poveri“, dove si forniva un pasto caldo ai numerosi questuanti che albergavano lungo il percorso per il Santuario.
Ecco perché il Monumento al Pellegrino è il simbolo di Ospedaletto d’Alpinolo. Il pellegrino è alla base della genesi della comunità ospedalettese e motivo della sua evoluzione. Ancora oggi, quotidianamente, si scrivono meravigliose pagine di pratiche devozionali, come la Juta a Montevergine e l’annuale Candelora che rendono unica l’atmosfera di un paese che vale la pena di visitare in tutte le stagioni.