Da Biancaniello, a Torella dei Lombardi, per visitare una delle eccellenze irpine nella trasformazione dei suini. Nel rispetto della tradizione e… di una certa coerenza di gestione
Nella tradizione contadina da sempre gennaio significa uccisione del maiale. Una pratica che in Irpinia è antichissima (clicca qui per approfondire): coloro che non potevano farlo direttamente, allevando e ammazzando il maiale, acquistavano gli animali per lavorarne le carni. Era importante infatti realizzare capicolli, verrinie, salsiccie e sopressate che avrebbero sfamato le famiglie fino alla prossima “festa del maiale”. Un rituale ciclico che testimonia l’importanza di questo animale per il territorio, prima ancora di quella di agnello o vitello (diffusisi storicamente dopo).
Oggi la lavorazione casalinga del maiale è una pratica familiare che (purtroppo) va pian piano scomparendo. Per tanti motivi. “Eppure la salumeria è la massima espressione della tradizione contadina nostrana, quella che caratterizza tutta la provincia di Avellino, da Oriente a Occidente. Un simbolo che ha sempre accomunato tutta l’Irpinia”. È questa consapevolezza che ha convinto Vincenzo Parziale, nel 2003, a trasformare l’identità dell’azienda agricola Biancaniello, a Torella dei Lombardi. “Un’azienda fondata nel 1989 da mia madre – afferma Vincenzo – che decise di dedicarsi all’allevamento dei suini, assecondando il suo amore verso questa terra e le sue tradizioni”.
Passare da un’azienda dedita all’allevamento ad una in grado di trasformare le carni, grazie all’ingresso in società di Vincenzo, è stata uno forte sconvolgimento, che tuttavia non ha però snaturato la filosofia all’origine del progetto: “I nostri maiali sono da filiera agricola: li alleviamo, li alimentiamo con cereali prodotti in azienda, facendoli vivere all’aria aperta e lavorandone le carni per dare vita ai classici salumi della tradizione irpina”.
Una cura per i dettagli che solo le piccole fattorie possono offrire. Un’impostazione coraggiosa, perché le aziende che riescono a seguire questi impegnativi e rigidi dettami sono davvero poche (seppur in un altro settore, per fortuna ne ho già incontrata qualcuna). Il segreto sta nel complicato equilibrio tra anima contadina e dimensione aziendale. Guai a rompere questo delicatissimo bilanciamento: assecondare la prima significa rischiare di non sopravvivere, sbilanciarsi verso la seconda può voler dire perdere la dimensione artigianale.
Un equilibrio che vive di tante sensazioni, di emozioni contrastanti, di qualche necessario paradosso. E proprio uno di questi paradossi mi ha spinto a contattare l’azienda Biancaniello per visitarla e conoscerne i titolari.
Tutto parte da questo annuncio, pubblicato ad una settimana dal Natale sulla Fanpage aziendale:
Ho chiamato Vincenzo e sono subito corso a Torella dei Lombardi, approfittando della sua grande disponibilità nell’accogliermi. Durante il tragitto la domanda che continuava a frullarmi nella testa era: “Ma come si fa a rimanere senza prodotti già una settimana prima di Natale?“. Una domanda che ha dato vita a tante riflessioni e che all’arrivo Vincenzo, che mi accoglie insieme al fratello Antonio, mi chiarisce subito: “Finiti i prodotti per noi sono finite le vendite, anche se siamo sotto Natale. Preferiamo lavorare con una dimensione precisa, lasciando gli standard inalterati, al di là delle richieste di mercato” – esordisce Vincenzo. “Questa – continua suo fratello Antonio indicandomi delle belle confezioni sul bancone del punto vendita – è l’ultima consegna: regali aziendali prenotati un po’ di tempo fa, dopo i quali non abbiamo più prodotti per i nostri clienti“.
A questo punto mi è chiaro (ma l’impressione ce l’avevo già) che a muovere l’azienda Biancaniello è una formula collaudata, fatta soprattutto di coerenza verso quegli standard che col tempo hanno portato ad una grande credibilità nel settore, nonché ad un’altissima fiducia da parte della clientela. Gli ingredienti vincenti per questa formula sono: lavorare sodo, pochi fronzoli, ritmi scanditi dalla natura e (lo capisco durante la chiacchierata con i fratelli Parziale) un ingrediente finale segreto: l’amore sincero per il proprio territorio.
Da aggiungere alla formula anche una schiettezza disarmante. Quest’ultima è frutto di una consapevolezza: quella di avere un prodotto di eccellenza, realizzato con grande onestà intellettuale, per di più senza nessuna gelosia nei confronti del collaudato know-how aziendale. Ecco perché Biancaniello preferisce rinunciare a qualche vendita, pur di rimanere fedele alla politica di non acquistare nulla dall’esterno (nemmeno in caso di copiosi ordini prenatalizi, evidentemente).
Le attività dell’azienda si snodano tra l’allevamento ed il laboratorio. Dell’allevamento si occupa principalmente Antonio. Animali molto grossi, macellati alla soglia dei due quintali, allevati in ampi spazi all’aperto attraverso un’alimentazione sana, prodotta direttamente in azienda.
Un’attività messa recentemente a dura prova dalle problematiche legate alla diffusione della cosiddetta febbre suina africana. Il riferimento è a un caso, verificatosi a parecchi chilometri (nemmeno in Irpinia per la verità, ma nel Cilento), di fronte al quale la rigorosa autoregolamentazione dell’azienda ha portato a drastiche precauzioni. “Il virus è forte. Preferiamo essere molto rigidi a riguardo. Anche se questo atteggiamento porta tante complicazioni”. Una di queste complicazioni, per esempio, è che non ho potuto visitare l’allevamento!
Se la fattoria è attigua al punto vendita, il laboratorio è invece a un centinaio di metri di distanza, in Contrada Pianomarotta. Qui, insieme ai locali adibiti alla lavorazione, grande importanza è riservata alla sala di stagionatura. Entrare qui è come accedere in un tempio, tanto che mi viene naturale abbassare il tono della voce e lasciare officiare a Vincenzo il rituale della descrizione delle opere d’arte presenti. Un tempio, o se volete un caveau, in cui vengono stagionati tutti salumi di primissima qualità, lavorati senza l’aggiunta di additivi o conservanti, con l’utilizzo di soli aromi naturali, come pepe, sale e spezie.
A fare bella mostra sono i classici prodotti della tradizione norcina irpina. Dalla pancetta al capicollo, dal pezzente, al guanciale, fino alla classica sopressata (prodotto di punta dell’azienda che in zona chiamano sopersata). Accanto ai classicissimi non manca qualche chicca. Come la culatta, ricavata dalla parte più pregiata della coscia o le salsicce stagionate. Alcune di queste sono realizzate ad hoc per importanti marchi della ristorazione locale. Poter realizzare salsicce affumicate o a ferro di cavallo, venendo incontro alle richieste di clienti con specifiche esigenze, è un altro chiaro segno di come la produzione di Biancaniello sia a dimensione familiare. Ed è anche una conferma di come si tratti di un’azienda che mira a fare sistema, nel tentativo di valorizzare l’Irpinia.
Proprio disponibilità (io ne sono testimone) e grande schiettezza sono gli ingredienti che portano Vincenzo ed Antonio in prima linea quando si tratta di valorizzare il territorio irpino. Una mentalità però non comune, uno dei motivi per cui il vecchio sogno cullato dai fratelli Parziale, ossia quello di una DOP dei salumi locali, non è mai andato in porto. Un disciplinare di produzione che preveda maiale italiano, filiera alimentare di un certo tipo, origine e crescita del maiale non sarebbe difficile da realizzare, ma servono gli attori giusti. E per ora, purtroppo, il momento non sembra ancora arrivato.
Per approfondire, ed assaggiare, le prelibatezze di questa regno dell’arte norcina in salsa artigianale è possibile prenotare visite in azienda e degustazioni (tutte le informazioni di contatto si trovano qui). Occhio a scegliere il periodo giusto, però! Vi consiglio di telefonare. Tanto l’avrete capito, la disponibilità da queste parti non manca di certo.