Dolce Irpinia: alla scoperta dei cupetari di Ospedaletto

Carmine Cicinelli

Carmine Cicinelli

Chiunque abbia visitato il Santuario di Montevergine almeno una volta, non può non essere stato rapito dal fascino dei cupetari, i venditori di torrone che popolano piazza Mercato ad Ospedaletto d’Alpinolo. Un luogo talmente votato alla commercializzazione del torrone, ma anche di tante altre leccornie tipiche del paesino del Partenio, da essere definito convenzionalmente “Fiera del Torrone“.

Il piazzale della Fiera del Torrone

Si tratta di una piazza accessibile alle auto e ai pullman, ubicata proprio alle spalle del famoso monumento del pellegrino, la statua simbolo di Ospedaletto d’Alpinolo e via di passaggio, praticamente obbligata, verso il Santuario di Mamma Schiavona.

Il monumento del pellegrino

Un luogo storico, in cui da tempo immemore i cupetari sono pronti a deliziare i palati dei viandanti e dei pellegrini, proponendo principalmente dolciumi e frutta secca autoctoni. Il re di questi prodotti è ovviamente il Torrone (in particolare la PAT di Ospedaletto), dolce irpino per antonomasia. Anche se probabilmente le proposte più suggestive, che attraggono i turisti e riaprono cassetti della memoria per molti avellinesi sono certamente le ntrite di nucelle, una specialità della zona del Partenio che qui a Ospedaletto raggiungono l’eccellenza. Si tratta di nocciole (la qualità mortarella, leggermente allungata, è l’ideale), che vengono sgusciate e poi sottoposte ad un processo piuttosto lungo per poi essere infilate in sottili spaghi di canapa bianca e fare bella mostra nelle botteghe artigiane di questo scorcio d’Irpinia.

Ntrite di nucelle

Sulla stessa falsariga, ma con un procedimento meno laborioso, si possono citare le nzerte di castagne. Non mancano poi biscotti tipici, come i morzetti o i tozzetti e le varie declinazioni di frutta secca (tra tutte la mia preferita è la castagna del prete, di cui gli ospedalettesi e i montellesi si contendono la paternità).

Nzerte di castagne

Alla Fiera del Torrone, i cupetari di Ospedaletto ci stanno tutto l’anno. E per buona parte della giornata, d’estate come d’inverno. La vita da cupetaro non è facile, a partire dal dover affrontare qualsiasi genere di condizione climatica. Un lavoro sacrificante che si scontra spesso con altri problemi della quotidianità, come la costante crisi del commercio, la concorrenza del comparto industriale e i periodi morti (che sono tanti). Se si esclude infatti il periodo tra maggio e ottobre il tran tran dei pochi cupetari rimasti non è agevole. Fanno eccezione importanti manifestazioni come la Candelora, le festività natalizie o qualche tradizione locale, come quando, specie la Domenica delle Palme, arrivano in piazza Mercato direttamente da Benevento per allestire la mappata, un’antica tradizione sannita in cui gli spasimanti riempiono un grosso fazzoletto con dolciumi e torrone per donarli al proprio amato.

Tra tutte le casine aperte, che circondano la Piazza Mercato, ho incontrato la signora Giovanna, da oltre 50 anni al servizio del turista con le sue rinomate prelibatezze. La sua è una figura di artigiana prima che di commerciante, perché le ntrite e le nzerte sono compito suo, da quando aveva 17 anni. Oggi il torrone che vende è soprattutto espressione dell’eccellenza (industriale) del luogo, ma un tempo, quando la salute e il volume di commercio lo consentivano, realizzava anche il cupeto artigianalmente. Giovanna è una vera custode della tradizione, una testimonial dell’Irpina che fu. Tra i prodotti in vendita perfino delle ceste per raccogliere i funghi o le famose sporte in cui riporre la frutta secca, magari quella raccolta negli ampi boschi nei dintorni. I suoi prodotti sono talmente a chilometro zero che perfino il legno di alcune ceste, intrecciato da un anziano compaesano, proviene dai castagni della zona.

La signora Giovanna mentre mi spiega il procedimento delle nzerte

In pochi minuti la signora Giovanna mi conquista. Serinese trapiantata ad Ospedaletto per amore, compie tutti i giorni gli stessi gesti e i medesimi rituali, sperando che la giornata sia proficua. E nei tempi morti infila nzerte e ntrite o si confronta sui piccoli e grandi temi della vita con Maria, la sua vicina di stallo. Nonostante i problemi il sorriso non le manca mai, specie quando parla del passato e dei bei tempi in cui i torronaii erano in numero decisamente maggiore e con un volume d’affari che rendeva più facile la vita. E a giovarne era anche il clima in piazza Mercato, che somigliava ad un’unica, grande famiglia.

Il classico soffitto delle meraviglie delle botteghe: sporte, ceste e balocchi

Oggi le cose viaggiano diversamente, ma la passione che Giovanna mi ha trasmesso in pochi minuti di chiacchierata ne fanno una custode della tradizione, chiaro esempio di come gli antichi mestieri vadano tutelati per non perdere la matrice identitaria del nostro territorio.

Insomma, a pochi metri da quello dedicato al pellegrino, Giovanna rappresenta un altro monumento, quello alla resilienza e all’intramontabile figura del cupetaro.